Data: 01/02/2014

Sardegna, sofferenza d'acqua e furia del cemento

Acqua Italia. L'inchiesta. Il nostro viaggio nel dissesto idrogeologico parte dai territori sardi, ancora sconvolti dall'alluvione del 18 novembre 2013, con una guida autorevole come il fotografo naturalista Domenico Ruiu

Sardegna, sofferenza d'acqua e furia del cemento

"Nel paesaggio agrario sardo l’acqua a lungo è stata una variabile aleatoria: sovrabbondante per brevi periodi, e spesso apportatrice di calamità e distruzioni, pressoché assente nei mesi più caldi, nonché motivo di prolungate siccità e di estese paludi, disseminate tra pianure e coste dal ristagno delle piogge. L’incertezza delle precipitazioni annue e l’irregolarità della stagione secca hanno inciso sul clima sardo e, di conseguenza, sulla vita rurale e sull’economia agraria della regione: per secoli l’insufficiente disponibilità idrica, unita al paludismo e alla malaria, hanno debilitato e immiserito le popolazioni contadine, reso aride e sterili le campagne. L’abbandono di vaste aree agli acquitrini, accompagnato dall’endemica incidenza della cosiddetta “sarda intemperie”, richiamò l’attenzione dei governi in età moderna. [...] A partire dalle prospettive delineate da Omodeo, durante l’ultimo secolo l’Isola si è dotata di un numero crescente di laghi artificiali e dighe, ha sviluppato un patrimonio di strutture e di servizi per la gestione delle risorse idriche, ma è tuttora impegnata a interpretare correttamente il rapporto tra l’uomo e l’acqua, in relazione alle sfide a cui deve rispondere la società contemporanea. In sintonia con le direttive europee e gli orientamenti internazionali, anche la Sardegna è doverosamente chiamata a proteggere e conservare l’acqua, risorsa unica, limitata e fragile, di alto valore ambientale, culturale ed economico, bene pubblico da utilizzare in maniera sostenibile e da tutelare in quanto bisogno fondamentale dell’umanità, chiave dello sviluppo e del benessere per le generazioni contemporanee e future". Maria Luisa Di Felice, Dighe della Sardegna

Così viene presentato il rapporto tra la Sardegna e l'acqua nel sito web dell'ENAS, ovvero l'Ente Acque della Sardegna. In effetti questo rapporto, pur essendo la regione circondata d'acqua, non è affatto semplice. Per rendere l'idea si potrebbe iniziare citando i 390 milioni di euro ai quali pare attuamente ammontare il buco di Abbanoa, il gestore unico del servizio idrico integrato dell'Autorità d'ambito della Sardegna (106 verso le banche e 284 verso i fornitori) e di cui sta indagando la Procura.

Ma i guai per Abbanoa non finiscono qui: recente infatti la denuncia partita dalla stessa società di un ammanco di quasi 500 mila euro dovuti al mancato pagamento da parte dell'autorità portuale di Porto Torres di acqua pubblica utilizzata per rifornire diversi tipi di navi. D'altronde, per capire che la situazione di Abbanoa non sia delle più tranquille basta fare una rapida ricerca in internet: scioperi dei dipendenti, tilt della rete idrica con conseguente rischio per la potabilità pubblica, lentezza nel presentare documenti per nuovi progetti vanificando così la possibilità di usufruire di fondi, utenze fantasma, ovviamente tutto ciò a discapito dei cittadini.

I problemi economici di Abbanoa sono arrivati anche in Senato, dove (il 20 maggio 2013) i parlamentari sardi del Movimento 5 Stelle hanno presentano un'interrogazione dove si legge:  "E' utile rilevare che l'Enas trasferisce l'acqua grezza ad Abbanoa al costo di 7 millesimi al metro cubo e a 4 millesimi ai consorzi agrari, mentre Abbanoa, dopo la depurazione e potabilizzazione, rivende l'acqua pagata a 0,07 millesimi a un costo medio di 1,57 euro, inoltre le attività di gestione, attualmente, sono realizzate da Abbanoa e da circa 100 aziende. Il comparto garantisce occupazione diretta e indiretta a circa 3.000 operatori".

Insomma, al momento Abbanoa, creata nel 2004 per cercare di mettere un po' di ordine nella gestione del servizio idrico che vedeva troppe società coinvolte (nasce infatti dalla fusione tra Consorzio Sidris e le società Esaf spa, Sim di Cagliari, Siinos di Sassari, Govossai di Nuoro e Uniaquae) finora sembra non essere riuscita nell'intento.

Passiamo ora ad un altro tipo di problema, ovvero il dissesto idrogeologico sardo, la cui entità si è mostrata in tutta la sua forza nell'alluvione del 18 e 19 novembre 2013: il bilancio parla di 18 vittime senza contare i dispersi, e ovviamente ci sono da considerare le molte persone costrette a restare fuori dalle loro case. A seguito dell'alluvione si scoprono mancanze anche molto gravi, prima tra tutte che 300 comuni sardi su 380 sono a rischio idrogeologico, come ha denunciato Davide Boneddu, presidente dei geologi della Sardegna. Ancora, l'assenza di un piano idrogeologico chiaro ha suscitato non poche polemiche, tanto da portare alla luce il fatto che non pochi comuni, tra i quali alcuni dei più colpiti dall'alluvione, si siano prodigati nel tempo affinché quest'ultimo non venisse mai approvato.

Il 17 dicembre scorso, l'Autorità di bacino della Sardegna ha pubblicato le prime valutazioni sull'alluvione del 18 novembre. Tra le altre cose vi si legge: "Il giorno 18 Novembre 2013 la Sardegna è stata interessata da un evento meteorico che ha causato precipitazioni di carattere eccezionale. Le precipitazioni più intense hanno interessato la Sardegna Orientale, dal bacino del Flumendosa al bacino del Liscia, e vaste aree del Campidano, dalla bassa valle del Cixerri all’alto Oristanese".
E ancora: "Da segnalare che la stazione di Olbia ha registrato nella giornata di lunedi 18 un valore di 117,6 mm, dopo aver registrato 89,6 mm il giorno 16. La stazione tradizionale di Putzolu, frazione prossima ad Olbia, ha registrato 190mm. Valori superiori o prossimi ai duecento mm sono stati rilevati anche nel medio bacino del Flumendosa, a Escalaplano (246,0mm) e Ballao (199,4mm). Nell’alto Oristanese è da segnalare la stazione di Bauladu che ha registrato 130,6 mm. Nel medio campidano, le maggiori precipitazioni sono state rilevate dalla stazione di San Gavino con ben 244,8mm e dalla stazione posta in prossimità della diga sul rio mogoro (193mm), seguite da Uras (129 mm), Sardara (91,2mm) e Sanluri (82,2mm). Nel basso Campidano - Cixerri, le maggiori precipitazioni sono state rilevate dalle stazioni di Vallermosa con ben 188,2 mm e di Campanasissa (Siliqua) con 102,0 mm". 

Solo il tempo e le indagini della magistratura, laddove sono in corso, come sullo stato dei lavori della diga di Maccheronis potranno confermare le responsabilità pubbliche e private sulla tragedia che ha colpito la Sardegna. 

Siamo scesi nello specifico della realtà sarda con l'intervista che segue a Domenico Ruiu, fotografo naturalista e autore di numerose mostre e libri proprio sulle bellezze naturali sarde, tra cui citiamo "La Sardegna", "Su monte" e  l'ultimo "Ali sul fiume". A lui abbiamo chiesto soprattutto informazioni sul Rio Posada, la cui esondazione ha causato non pochi danni durante l'alluvione del 18 novembre 2013. Ruiu aveva mandato in stampa proprio qualche giorno prima del disastro il suo ultimo racconto fotografico dedicato proprio all’ecosistema di Posada e non si può che pensare alla sorte degli abitanti di quello straordinario ambiente. 

Qual è la prima cosa che le viene in mente parlando del rapporto tra l'acqua e la Sardegna?
La Sardegna è una terra che ha sete; la gran parte dei corsi d'acqua è a carattere torrentizio con le inevitabili conseguenze. Tuttavia, negli ultimi 15 anni, un corretto sviluppo della rete di irrigazione ha migliorato tantissimo la situazione dell'agricoltura e, soprattutto, della pastorizia. I problemi più gravi si hanno nel periodo estivo, specie lungo la costa, per l'incremento spropositato del numero degli abitanti e conseguente maggiore necessità d'acqua.

Nel suo libro "Ali sul fiume" parla proprio del Rio Posada: può parlarci brevemente delle peculiarità di questo fiume?
Anche il Rio Posada nel suo insieme è a carattere torrentizio. Non a caso la foce di Orvile nel periodo estivo o comunque di siccità è completamente chiusa dalla sabbia accumulata dalle mareggiate. La peculiarietà principale del fiume è lo straordinario contesto naturalistico che ne caratterizza la prima parte; territori di una bellezza selvaggia non ha caso destinati a diventare parco regionale. Ricordo solamente i profondi canaloni di Crastazza (Bitti), le bellissime rocce di Osinavà (Torpè) e la piramide naturale di Tepilora (Bitti-Torpè).

Dopo l'alluvione la diga Maccheronis, che "domina" il Rio Posada, è stata posta sotto sequestro: si dice che i lavori erano stati sospesi per questioni economiche, cosa ne pensa?
La situazione dei lavori sulla diga Maccheronis è molto complessa ed anche un recente incontro con i sindaci interessati non mi ha aiutato a capire qualcosa sulla sospensione dei lavori. Non a caso sta indagando la magistratura.

In che stato è la Sardegna dal punto di vista idrogeologico?
La situazione della Sardegna dal punto di vista idrologico è molto "italiana"; pur essendo le caratteristiche dei corsi d'acqua quelle espresse prima, si è intervenuto molto (in alcune località più di altre, vedi Olbia) in maniera del tutto sconsiderata e assolutamente senza tener in alcun conto conto la realtà ambientale. Oramai sono tantissime le aree che, in appena una decina d'anni, sono state allegate più volte per "calamità naturale". Senza nulla togliere ai mutamenti climatici e alla maggior frequenza di fenomeni molto simili agli uragani, le irresponsabilità dell'uomo sono inermi ed evidenti.

Cosa pensa dell'esondazione del Rio Posada?
La zona a monte della foce del Rio Posada paradossalmente si è trovata improvvisamente "sommersa" da quasi 400 mm d'acqua è un fatto assolutamente straordinario, che purtroppo credo non rimarrà isolato. Lo spettacolo a monte della diga del Posada è terrificante, e in gran parte esula dalle responsabilità dell'uomo. Il danno a valle della diga inizia proprio dall'infinito cantieramento della stessa. Dalla diga sino al mare il prezzo maggiore lo hanno pagato attività e costruzioni invasive rispetto al corso del fiume, anche se la portata dell'evento ha danneggiato anche situazioni "regolari".

Quali sono i maggiori responsabili di quanto accaduto?
In una regione priva in gran parte di un piano idrogeologico la responsabilità è di molti, è generalizzata, sia di chi ha amministrato ma anche di chi ha costruito assolutamente alla cieca. Il cosiddetto "piano casa" ha offerto la possibilità di sanare, per chi ha voluto farlo, ogni nefandezza. Per le responsabilità sui fatti specifici più nefasti sta indagando la magistratura, se si andrà fino in fondo nella ricerca dei colpevoli, potrebbe essere un fatto davvero rivoluzionario e finalmente di vero monito.

Quali gli interventi più urgenti da mettere in pratica?
A parte gli interventi immediati sui danni della devastazione subita, è difficile indicare gli interventi più urgenti da attuare in una regione che ha gravi colpe in materia di prevenzione. E' necessario un cambio totale della filosofia di tutela dell'ambiente, privilegiando appunto la prevenzione a scapito dei piani paesaggistici aperti sopratutto ai mega progetti edilizi. Ma dubito si andrà in quella direzione.


- L'inchiesta. Prima puntata / seconda parte (segue)

- L'inchiesta. Acqua Italia, alluvioni, inquinamento e potabilità - Prima puntata / prima parte


Eleonora Battaglia - Roma

 

Link: 

- Domenico Ruiu

- L'alluvione della mia terra vista dai negoziati del clima

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