Data: 11/10/2013
 

Alla fine di questo editoriale un'altra persona sarà affogata

Le promesse spese in questi giorni di cadaveri in fondo al mare - dai governi di Frontex - hanno prodotto altri morti. E' ora di prendere sul serio le richieste d'aiuto dei popoli in fuga. Così come Giusi Nicolini e i lampedusani

Alla fine di questo editoriale un'altra persona sarà affogata

“Dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell'Europa almeno 19.228 persone. Di cui 2.352 soltanto nel corso del 2011, almeno 590 nel 2012 e già 551 nel 2013. Il dato è aggiornato al 12 ottobre 2013 e si basa sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi 26 anni, dalla nascita della Fortezza Europa”.

La conta dei caduti in questa guerra di frontiera è costantemente aggiornata da Gabriele Del Grande che con il suo blog e i suoi reportage è la fonte più attendibile a livello comunitario delle tragedie che si consumano sulle linee di confine tracciate da Frontex, quelle che delimitano la "fortezza europea" eretta contro i popoli in fuga dalla povertà, dalla guerra, dalle persecuzioni, dalle bombe climatiche. Profughi? Migranti? Persone. Persone in cerca d'aiuto. 

Io, Europa, posso comprare il biglietto per prendere la nave, un aereo, sbarcare in casa tua per diletto o per lavoro, per amore o per odio. Tu, Africa, non puoi bussare alla mia porta, non puoi pensare di sfiorarmi se non di nascosto, con l'aiuto di uno scafista. E se nel viaggio non muori di stenti, di freddo e di fame o bruciata dal sole, se non muori ammazzata o affogata, sbarcherai a Lampedusa o poco più in là, in Italia, dove potrai finire in prigione per un po'. Poi si vedrà, fuga o rimpatrio. Asilo politico o clandestinità. Bussare alle porte di questa Europa è una dichiarazione di guerra alla Fortezza.

Tant'è che le parole, le lacrime, le promesse spese in questi giorni di cadaveri in fondo al mare - dal cerimoniale dei governi di Frontex - hanno prodotto altri morti. E Lampedusa è ancora una volta sola. Ma c'è. Lo sanno anche in Africa che quanti arriveranno alla fine del viaggio troveranno una donna, Giusi Nicolini, e la sua isola ad accoglierli, vivi o morti.

Se noi proviamo attimi di angoscia, orrore, davanti a quelle mani in mezzo al mare - immortalate dalla cronaca - che chiedono aiuto prima di essere ingoiate dall'acqua, il dolore dei familiari che li attenderà invano sarà per sempre incolmabile, clandestino, come l'Italia vuole, come l'Europa comanda. Ne sanno qualcosa le madri e le famiglie dei tunisini dispersi in mare che quest'estate si sono rivolte a Giusi Nicolini, per sostenere il loro appello all'Unione europea, per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sulla sorte dei loro figli.

“Di molti di loro non abbiamo più alcuna notizia, altri sono morti in uno dei tanti naufragi del Mediterraneo. Sono, dunque, figli dispersi, sia quelli morti di cui non ci sono stati restituiti i corpi, sia quelli di cui non abbiamo più notizie, per quanto alcune madri e famiglie riconoscano le loro immagini nei reportage televisivi italiani e francesi. Siamo madri, padri, sorelle e fratelli. Nello stesso modo in cui lo si è in Europa. Ma per centinaia di giovani dispersi solo 6 di noi sono riusciti ad ottenere il visto per l’Italia per cercare di andare a capire che cosa fosse successo. Per le politiche europee, dunque, il nostro affetto e il nostro dolore non hanno lo stesso valore degli affetti che, in un caso simile, verrebbero riconosciuti ai familiari di giovani europei”.

“Sappiamo che quel tratto di mare è continuamente osservato dagli innumerevoli mezzi tecnologici che l’Unione europea con i suoi stati membri e la sua agenzia Frontex dispiega tra le due sponde del Mediterraneo per il controllo delle migrazioni. Radar, satelliti, motovedette, aerei, elicotteri, e, dopo l’arrivo, impronte digitali. Sappiamo che tutte queste informazioni vengono archiviate. Sappiamo che oltre ai mezzi dell’Unione europea ci sono anche quelli della Nato. Chiediamo dunque all’Unione europea la formazione di una commissione per metterci a disposizione i suoi saperi, con la partecipazione dei governi italiano e tunisino in quanto stati coinvolti”.

Le madri e le famiglie dei tunisini dispersi stanno ancora aspettando notizie dall'Europa. Così come Giusi Nicolini e i lampedusani. E' ora di prendere sul serio queste morti, questo dolore, queste richieste d'aiuto. Consapevoli che alla fine di questo editoriale un'altra persona sarà scomparsa in mare. Affogata dall'Europa.

Sabrina Deligia - Roma


Link:

- L'appello all'Unione europea delle madri tunisine (Storie migranti)

- Il dossier sui tunisini dispersi (Storie migranti)

- Video-lettera per Giusi Nicolini delle madri e delle famiglie dei dispersi (Storie migranti)


- Prendiamo sul serio questo dolore. La risposta di Giusi Nicolini alla video lettera (Storie migranti) 

- Lampedusa. Tre ottobre duemilatredici. Per non dimenticare - Immagine elaborata da Riccardo Bizziccari
 

Commenti degli utenti

13/10/2013 - 13:25 Stefania Elena Carnemolla scrive:
Bellissimo editoriale

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