Data: 03/01/2014
Autore: Sabrina Deligia 

NoCanal, Milano 2014. Battaglia contro un fiume di cemento

I poteri di un Commissario che in nome di Expo2015 asfalta fontanili, abbatte alberi e dichiara a norma terreni tossici. L'inganno della Via d'acqua e la straordinaria mobilitazione per fermare la devastazione di parchi e salute

NoCanal, Milano 2014. Battaglia contro un fiume di cemento

Ne sono accadute di cose a Milano, nelle ultime settimane del 2013, ai margini edulcorati e salvifichi dell'impresa Expo2015. Soprattutto si è creata quella saldatura tra persone, tra cittadini e il consolidato e variegato movimento NoExpo impegnato da anni a fronteggiare quest'evento “usa e getta” che sul territorio lascerà danni irreversibili più che fertili benefici. Si è venuta a creare una saldatura intorno a una idea di città disarmata e sostenibile a partire dalla messa in discussione di quella che doveva essere l'opera “principe” dell'esposizione universale: il canale della “Via d'Acqua”. Parola d'ordine: NoCanal.

Una saldatura che può rivelarsi un capitale enorme per il futuro della stessa città. Un laboratorio urbano che non può non far riflettere Giuliano Pisapia, il sindaco “partecipato”, quello che: “Certo sapevamo che non esiste la bacchetta magica che risolve i problemi dall’oggi al domani, che è più facile criticare che fare e che la malattia infantile dell’estremismo è sempre in agguato.” Certo, per dirla ancora con il primo cittadino, ci sono “decisioni difficili da prendere e si sa che ogni scelta scontenta qualcuno”. Ma c'è anche, appunto, la democrazia partecipata. 

Un "laboratorio politico e sociale" che può scardinare i "poteri speciali" del Commissario unico di Expo2015, Giuseppe Sala. Così come è accaduto a Scanzano Jonico, quasi undici anni fa, quando il governo Berlusconi - era il 2003 - con un decreto impose di sotterrare nel piccolo e tranquillo paesino della Basilicata, ben 80.000 tonnellate di scorie nucleari affidando l'operazione al generale Carlo Jean, dotandolo di tutti i poteri speciali del caso, come in zona di guerra: ma fu una battaglia persa, per la lobby nucleare, perché vinse "la saldatura tra cittadini e istituzioni locali". A Milano, potrebbe vincere il buon senso delle istituzioni, sindaco in primis, scegliendo di schierarsi a fianco dei cittadini affinché si arrivi alla rettifica di un progetto sbagliato, devastante, impossibile da realizzare, soprattutto in meno di 500 giorni. 

Un progetto ambizioso quello della "Via d'Acqua". Un canale navigabile dai padiglioni di Rho al vecchio porto della Darsena. Esordio pubblico nel 2008. Poi snaturato, ridimensionato, appaltato a tutti i costi, pur di nutrire il fabbisogno immaginario di questa "grande opera", vincolante per Milano, per l'Italia. Il sogno di una Milano navigabile nel 2015: già sponsorizzato da Letizia Moratti - orgogliosa di "veleggiare" verso l'esposizione universale, strappandola a Smirne - e con lei, dall'allora (già)presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Lo scopo? Coreografico. La tanto auspicata navigazione venduta al mondo intero si è infatti rivelata subito un artificio di marketing, o se vogliamo un bluff, in quanto tecnicamente impossibile: tanto da ridurre l'ambizione leonardesca dei progettisti ad un improbabile "Fosso irriguo". Un canaletto lungo venti chilometri, largo otto metri, adagiato in un alveo di cemento armato, profondo uno e mezzo, con una portata d'acqua (nelle previsioni Expo) di due metri cubi al secondo. Nei fatti: un tipico canale di scarico con ridottissimo "battente d’acqua", 40cm nella bella stagione. Per il resto zanzare. Insomma, nient'altro che lo scolo delle acque che serviranno alla scenografia dei “padiglioni universali”. Il costo? Novanta milioni di euro. Soldi pubblici

Il movimento "No Canal" - nei giorni precedenti al Natale - ha bloccato i lavori, fermato le ruspe e ricoperto i primi scavi al cantiere appena partito. Obiettivo: salvare i parchi di Trenno, Pertini e delle Cave, ripartendo dagli studi e dai progetti di Italia Nostra e del Politecnico di Milano. Ma chiede anche chiarimenti sulle bonifiche e in particolar modo, sull'area di via Quarenghi. Già, le bonifiche.

La questione “terreni tossici” l'ha (ri)tirata fuori il 6 dicembre, con un articolo firmato Paola D'Amico, il Corriere della Sera per spiegare il blocco dei cantieri Expo da parte dell'Ufficio Bonifiche: “Dai cassetti del comune sono uscite carte datate 2008, contenenti gli esiti di carotaggi e analisi fatti neppure tanto in profondità (6 metri) di quei terreni, che un tempo furono cave di estrazione per costruire le nuove periferie, Gallaratese in primis, e poi divennero discariche fuori da ogni controllo. Che là sotto abbiano sepolto di tutto, idrocarburi pesanti, scarti di lavorazioni di raffinerie, è certo: infatti,all'inizio del 2000 chi aveva comprato casa dal civico 37 al 41 di via Quarenghi dovette rinunciare ad avere il box interrato vicino a casa, perché mentre scavavano a soli due metri di profondità le ruspe scoperchiarono un'autentica bomba ecologica. Causa le esalazioni tossiche provenienti dal terreno, furono costretti a tombinare l'area, dei box non se ne fece più nulla e si dovette invece procedere a innalzare da terra persino la portineria di un palazzo. Poco distante c'è la porzione d'area di 30 mila metri quadrati, dove a fatica cresce l'erba, che chi edificò doveva cedere al Comune per farne servizi e che, invece, è ancora al centro di un contenzioso legale, perché fu consegnata a uso pubblico ma non bonificata: nel 2004 e nel 2008 furono trovati cadmio, cromo, nichel e piombo in quantità. Ed è da allora recintata e interdetta al pubblico...”. E così via.

I "No Canal" ricordano che rischi identici si ripresenteranno quando i lavori per la cantierizzazione della “Via d'Acqua” arriveranno oltre il Parco di Trenno e il Bosco in città, che erano aree agricole e dunque sane. Il Parco delle Cave è noto, infatti, per essere una grande discarica per metà mai bonificata. Fatti - quest'ultimi elencati - che hanno rafforzato la protesta, anche quella degli operai (stranieri e precarizzati), che si sono rifiutati di smuovere il terreno nei siti contaminati. Come dargli torto? 

La devastazione dell'ecosistema era già stata messa in conto, programmata. E' notizia del 23 dicembre: la nuova convenzione tra Expo 2015 e l’Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste (Ersaf), “per ridurre l’inevitabile impatto che la realizzazione dell’esposizione universale avrà sull’ambiente", prevede 19 nuovi interventi in 23 Comuni per 6 milioni di euro. Tra Expo 2015 ed Ersaf sono già attive altre tre convenzioni di "compensazione ambientale":  5 milioni di euro per la sistemazione  e la messa in sicurezza  della valle del  torrente Guisa (che nasce a sud di Cermenate e confluisce nell’Olona a sud di Milano nei Comuni di Garbagnate Milanese e Bollate) per garantire la salvaguardia idraulica dell’area Expo ai margini dei territori dei Comuni attraversati dal corso d’acqua;  7 milioni di euro per lo studio e progettazione e realizzazione di una rete di itinerari ciclopedonali connessi con la Dorsale della Via d’Acqua che valorizzi il territorio rurale attraversando la provincia di Milano dal Parco del Lura fino alla campagna aperta tra i Navigli per oltre 45 km di lunghezza, rimboschimenti e la valorizzazione di specificità territoriali quali fontanili e manufatti idraulici; circa  360.000 euro per la gestione del servizio fitosanitario per la realizzazione degli interventi di sorveglianza fitosanitaria e di monitoraggio degli organismi nocivi, per contrastarne la diffusione nell’area che ospiterà l’esposizione universale.

Ecco, allora, per il 2014 si può scegliere di valorizzare conservazione e difesa dell'ecosistema esistente (con un grande risparmio di denaro pubblico e nessun ecocidio) dei parchi Trenno, Cave e Pertini e fermare il progetto che li distruggerebbe per sempre, quello della "Via d'Acqua". Non ci si può nascondere dietro i poteri di un commissario straordinario che in nome di Expo2015 asfalta fontanili, abbatte alberi, delibera espropri e dichiara a norma terreni tossici; che decide il destino di una intera comunità; che ha facoltà di ipotecare la qualità della vita (degli altri); così come non ci si può nascondere dietro l'impossibilità di “sciogliete accordi” firmati da altri. Le eredità che portano debiti piuttosto che doni si possono rifiutare. E in questo caso il debito equivale ad un progetto che porterà cemento non acqua.

Si può decidere ad esempio - dopo aver speso tempo e parole per promuovere la conservazione e riqualificazione della via Gluck di Celentano - di non partecipare (schierandosi, dichiarandolo pubblicamente) alla devastazione pianificata di alberi e cascine, come del campo dove pascolavano le vacche Jersy della signora Virginia, visto che i fontanili le sono già stati requisiti per “nutrire il cemento” che servirà alla "Via d'Acqua". 

“Sono una anziana lettrice che abita in una cascina confinante con l'Expo - si legge nella lettera pubblicata sulle pagine del Corriere della Sera -. Ho visto distruggere l'agricoltura e le cascine della zona. A noi hanno tolto un grande campo dove sino a poco tempo fa pascolavano le vacche Jersy. Ma l'ultima caramella è stata l'esproprio dei fontanili. Scavati ai tempi di Ludovico il Moro ora saranno usati per il tubo trasportatore di acqua che alimenterà le vie fluviali. Sopra poi passerà una via ciclabile. Il nostro fontanile è ricchissimo di flora spontanea e rifugio di volpi, scoiattoli, gallinelle d'acqua e una varietà ampia di uccelli, dai barbagianni a cinciallegre pettirosso e uccelli in transito. Sono rassegnata, ma l'Expo ha martoriato e distrutto una zona agricola fiorente. I miei pensieri sono quelli di una donna anziana che abita questa azienda agricola da quando fu costruita nel 1942..." Firmato Virginia Oliva. Cronaca di Milano, 10 dicembre 2013.

La lettera della signora Virginia non è sfuggita proprio a nessuno. E' rimbalzata in rete dai siti ai socialnetwork, meriterebbe una risposta ufficiale, almeno da parte di un sindaco deciso "a far bella la città", riqualificando e salvando l'esistente: "la richiesta di tutela su via Gluck fa parte di un progetto complessivo che vuole rendere più attraente la città, salvando luoghi storici come, appunto, quella strada, anche attraverso la rivitalizzazione del verde". Così Pisapia in risposta alla querelle sull'opportunità o meno di valorizzale la strada natia del divino Celentano. Santificare e riqualificare, appunto. Ma perché allora devastare i parchi e le cascine? Ma non era stato bandito il consumo del suolo? 

Se tutto ciò non bastasse, in questi ultimi giorni del 2013, dai cassetti dei “pubblici uffici” sono saltate fuori nuove carte. E questa volta si tratta dell’articolato parere della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici, firmato dal sovrintendente Alberto Artioli, che in un documento protocollato il 15 gennaio 2013, prima che le opere fossero appaltate, dava un “sì” condizionato all’opera. Il nuovo canale (la Via d'Acqua) - si legge nel documento - attraversa un territorio “di rilevante sensibilità paesaggistica” e la “rete irrigua che lo innerva è riconosciuta come valore paesaggistico regionale da tutelare” per il “valore ecologico, storico-testimoniale e di strutturazione del disegno del paesaggio rurale”.

Dunque. I cantieri (da questa parte della città) resteranno fermi fino all'8 gennaio. Una tregua dovuta ai “No Canal” dopo l'incontro avvenuto a Palazzo Marino (il 19 dicembre) tra la delegazione dei comitati degli abitanti dei quartieri Trenno, Gallaratese, Baggio e San Siro, i tecnici di Expo Spa, Metropolitana Milanese Spa e il delegato per il sindaco Gianni Confalonieri. Entro questa data il "cartello Expo" si è detto "impegnato" ad elaborare un nuovo tracciato della Via d’Acqua meno impattante sui parchi e riproporlo ai comitati. Vedremo. Per dirla con i No Canal: "Non si tratta di essere pro o contro una cosa a prescindere: si tratta di capirne il senso, il costo, l'impatto, la durata e l'utilità". Ad oggi l'unica certezza è che la protesta contro la devastazione dei parchi di Milano andrà avanti ad oltranza. 

ps. "La storia dell’ambiente mostra che molti contestati progetti, dovuti a decisioni frettolose o ispirati da miopi interessi economici, si sono rivelati inutili o dannosi e hanno dovuto essere abbandonati. Coloro che prendono decisioni che coinvolgono un territorio e i suoi abitanti, farebbero bene ad esaminare con attenzione le motivazioni di coloro che si oppongono perché essi potrebbero anche avere ragione. Del resto le valutazioni del cosiddetto impatto ambientale di ogni nuovo progetto erano originariamente state pensate proprio come processo pubblico da svolgere alla presenza e col contributo delle popolazioni interessate, invitate ad esaminare ogni aspetto economico ed ecologico del progetto. Questo non avviene praticamente mai. Magari sarebbe utile un piccolo ufficio, in un angolo del Parlamento, con pochi impiegati addetti all’ascolto di chi protesta contro nuovi interventi sul proprio territorio; chi sa che qualche motivo dell’opposizione non sia fondato e che, dandogli retta, si risparmino soldi, si evitino conflitti sociali e, perché no, ci si guadagni in democrazia?”. Giorgio Nebbia: "La battaglia di Scanzano Jonico" - La Gazzetta del Mezzogiorno, 12 novembre 2013. 

Sabrina Deligia - Roma

 Link e video: 

- Italia Nostra (Milano nord)

- No Expo

- Offtopiclab

 - Il silenzio delle ruspe - Attitudine #NoCanal


 - Presidio permanente #NoCanal 

 
- La Via d'Acqua spiegata da Ferruccio Frontini voce storica dell'ambientalismo milanese - #noexpo


- Foto di copertina, Parco di Trenno, Comitato No Canal - gruppo su Facebook


 

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