Data: 29/03/2013
 

Sardegna, se l'acqua c'è ma non si vede

Nella regione più assetata d’Italia il Dipartimento di Scienze chimiche e geologiche dell’Università di Cagliari scopre 60 milioni di metri cubi di riserve idriche sotterranee. L'eredità delle miniere e la politica dello spreco

Sardegna, se l'acqua c'è ma non si vede

Venticinque milioni di metri cubi di riserve nel bacino del Monte Albo e un tesoro da 35 milioni di metri cubi nella Nurra. Non basta: anche l'Iglesiente può dire la sua con possibili prelievi da 12-15 milioni di metri cubi all'anno, anche se questo si sapeva già da un secolo.

C’è tanta acqua in Sardegna anche se ancora non si vede: a dirlo è uno studio dei geologi del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell'Università di Cagliari. Una notizia che non poteva passare inosservata in una terra che soffre la sete come nessun’altra regione d’Italia.  Perché se a livello nazionale le acque sotterranee costituiscono la principale risorsa per l'uso potabile, in Sardegna la situazione è invertita essendo circa l'80% delle risorse idriche per usi civici garantita dalle acque superficiali immagazzinate nei bacini artificiali. Al 28 febbraio 2013 erano presenti nel sistema degli invasi 1 miliardo 664 milioni di metri cubi d’acqua, pari al 91% della capacità complessiva per uso domestico. A questa però va aggiunta la domanda per uso irriguo che necessita di altri 350-400 milioni di metri cubi all’anno. Acqua destinata a 150mila-170mila ettari.

A sorprendere  meno  gli scienziati è stato il  ritrovamento di un bacino nelle viscere dell’Inglesiente le cui notizie risalgono alle installazioni delle prime miniere nel 1850, rallentati proprio  per la presenza di notevoli quantitativi d’acqua che rendevano problematico l’approfondimento dei lavori. Un problema superato allora con potenti impianti per la eduzione delle acque che hanno abbassato la falda  dalla quota + 70 m alla quota -200 m sotto il livello del mare. Oggi, con la fine dell’attività mineraria (1998), le acque sono risalite nel bacino di circa 250 metri ed hanno caratteri di potabilità.  

La nuova scoperta offre quindi un respiro maggiore ai comuni della Sardegna centro orientale, affaticati dalla penuria di acqua potabile. ''In Sardegna abbiamo un importante patrimonio idrico sotterraneo, che può con opportune politiche di utilizzo e gestione - ha affermato Davide Boneddu , presidente Ordine Geologi della Sardegna - supportare adeguatamente il fabbisogno idrico della nostra regione non adeguatamente attrezzato”. “Nel nostro Paese - ha aggiunto il presidente del Consiglio nazionale Geologi, Gian Vito Graziano, nel corso della presentazione dello studio - non abbiamo però solo il problema della scarsa valorizzazione delle risorse idrogeologiche ma anche quello dello spreco”.  

I dati parlano chiaro: oltre il 30% dell’acqua immessa nel nostro sistema idrico è persa per strada. Peggio va per l’uso dell’acqua per l’irrigazione (70% dei consumi totali) di cui ne disperdiamo circa il 40%.  Le perdite della rete idrica causano un costo industriale stimato in più di 200 milioni di euro all'anno ed un mancato ricavo per il sistema Italia di oltre 3 miliardi all'anno. La Sardegna è la seconda regione d'Italia per percentuale di acqua potabile andata persa nelle condutture.

Giuliano Rosciarelli - Roma

 

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