Data: 11/01/2013
 

L'avvelenamento del capitano De Grazia

Un malore inspiegabile lo sorprese sul sedile anteriore di una Fiat Tipo, mentre da Reggio Calabria stava recandosi con due colleghi a La Spezia, per verificare al registro navale i dati di circa 180 imbarcazioni affondate. L'ipotesi è omicidio all'ombra delle navi dei veleni 

L'avvelenamento del capitano De Grazia

Il sospetto c'è sempre stato ed è diventato anche qualcosa di più prima della fine del 2012: il capitano di corvetta Natale De Grazia, l'investigatore morto improvvisamente mentre indagava sulle navi dei veleni, potrebbe essere stato avvelenato. Purtroppo, siamo ancora costretti ad usare il condizionale perché la conferenza stampa che avrebbe potuto riaprire il caso e che era stata convocata d'urgenza dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, è stata sorprendentemente annullata. Rinviata per questo primo mese del 2013, per permettere ulteriori “approfondimenti e verifiche in ordine agli elementi su cui da tempo la commissione sta lavorando”.

Eppure sarebbero gli stessi elementi che la medesima commissione aveva ritenuto sufficienti solo poche ore prima, alle 16.40 del 19 dicembre, dando appuntamento ai giornalisti nella mattinata. L'attesa era grande e la delusione di chi da molto tempo segue la vicende legate al mistero delle cosiddette navi a perdere lo è stata ancor di più. Ci si aspettava infatti una conferma alle indiscrezioni apparse sulla stampa secondo cui il decesso del capitano De Grazia non sarebbe avvenuto per un arresto cardiocircolatorio, come finora sostenuto dall'esito di ben due autopsie, ma a causa di un vero e proprio avvelenamento. “Nelle mani dei membri della commissione”, ha scritto il Corriere della Calabria, “sarebbe finita una perizia che attesterebbe la presenza di elementi tossici nel corpo del capitano morto diciassette anni fa”.

In particolare, secondo quanto riferisce il quotidiano La Repubblica, un perito ascoltato dalla commissione presieduta dall'onorevole Gaetano Pecorella ha riferito che il Capitano De Grazia “non è morto di morte improvvisa mancando qualsivoglia elemento che possa in qualche modo rappresentare fattore di rischio per il verificarsi di tale evento”. Per il consulente “si trattava di soggetto in giovane età, in buona salute, senza precedenti anamnestici deponenti per patologie pregresse, che conduceva una vita attiva e, come militare in servizio, era sottoposto alle periodiche visite di controllo dalle quali non sembra siano emersi trascorsi patologici (...). E nemmeno quanto riferito dalle persone che erano presenti alla morte e che ne seguirono le fasi immediatamente precedenti, si accorda con una ipotesi di morte cardiaca improvvisa”.

Dunque l'investigatore incaricato dal procuratore Neri di indagare sui traffici illeciti di rifiuti avvenuti via mare nel Mediterraneo potrebbe essere stato “vittima di omicidio”, come hanno affermato i deputati Ermete Realacci e Alessandro Bratti annunciando un'interrogazione parlamentare. Ma per abbandonare per sempre l'ambito delle ipotesi si dovrà attendere, quando probabilmente la commissione deciderà di rendere pubblici i nuovi elementi emersi nella perizia ordinata all'Università di Roma.

Purtroppo però, la speranza di far definitivamente luce su quanto accaduto al capitano De Grazia potrebbe essere già minata alla radice. “Irreversibilmente dispersa”, sarebbe infatti a detta del perito, “la possibilità di indagare seriamente sul versante tossicologico, da una parte per superficialità e forse inesperienza di chi aveva posto i quesiti con scarsa puntualità e poco finalizzati; dall'altra per l'insipienza della indagine medico legale che ha ritenuto trovarsi di fronte ad una banale morte naturale ed inopinatamente si è subito indirizzata, trascurando l'indagine globale, alla esclusiva ricerca di droghe di abuso in un caso nel quale, se c'era una ipotesi se non da scartare subito almeno da considerare per ultima, era proprio quella di una morte per abuso di sostanze stupefacenti; e pervicacemente ha insistito sulla stessa linea anche nella seconda indagine necroscopica. Oramai l'indagine tossicologica non è più ripetibile, e quindi il caso, dal punto di vista medico legale deve essere, ad avviso del sottoscritto, considerato chiuso”.

Amaro il commento del Comitato che porta il nome di Natale De Grazia: “Auspichiamo che la Commissione, come riferitoci direttamente dai collaboratori di Pecorella, voglia chiarire in breve tempo quanto avvenuto ed entro pochi giorni possa riferire all’opinione pubblica, ed in particolare ai familiari del capitano De Grazia, le risultanze delle indagini condotte su tali vicende. Non intendiamo accontentarci di dichiarazioni ufficiali non supportate da fatti, né di dati confusi e contrastanti come avvenuto per il relitto di Cetraro nel 2009”.

I traffici di veleni e il pool di Reggio Calabria - Nel marzo del 1994, in seguito ad un esposto su un presunto traffico di rifiuti tossici dal Nord Europa verso alcune zone dell’Aspromonte, il sostituto procuratore di Reggio Calabria, Francesco Neri, aprì un’indagine che ben presto assunse dimensioni impensabili. Per individuare i soggetti dediti allo smaltimento illegale venne formato un pool di inquirenti in cui entrò a far parte anche il capitano di corvetta Natale De Grazia, al quale venne affidato il filone navale dell’inchiesta.

Classe 1956, investigatore capace e determinato, De Grazia ipotizzò che qualcuno, «forte di straordinarie complicità affondasse rifiuti pericolosi sotto i fondali marini», colandoli a picco su vecchie navi. La procura di Reggio Calabria arrivò così a Giorgio Comerio, ingegnere di Busto Arsizio, tra le cui molteplici attività spiccava, secondo i sospetti degli investigatori, l’interesse per i rifiuti radioattivi. Tramite una sua società, la Disposal Management Inc, l'ingegnere varesino si occupò di un progetto che prevedeva l’inabissamento delle scorie al di sotto dei fondali marini tramite degli speciali missili detti penetratori.

Successivamente De Grazia acquisì gli atti delle indagini in corso a La Spezia sull'affondamento doloso della motonave Rigel, avvenuto nel settembre del 1987 al largo di Capo Spartivento. Una volta accertata la discutibile dinamica del naufragio il capitano spostò la sua attenzione sul carico piuttosto anomalo trasportato dal mercantile: “Le navi? Sette o otto italiane a Cipro. Dove sono? Quali sono? I caricatori e i mandanti. Punti di unione tra Rigel e Comerio”, scrisse in un appunto.

 Solo un progetto (?) - Dopo quattro anni di indagini sulle società che in qualsiasi modo potevano essere ricondotte a Comerio, la Magistratura decise l’archiviazione della sua posizione nelle indagini inerenti attività illegali di smaltimento di rifiuti. Il provvedimento venne motivata dal fatto che non vi sarebbe mai stata alcuna attività di smaltimento ma che si trattava soltanto di studi di verifica della possibilità scientifica e legale di fruizione di una tecnologia sviluppata dalla Comunità Europea.

 La morte di De Grazia - Stranamente, quando l’inchiesta del pool di Reggio Calabria sembrò essere ad un punto di svolta, il clima attorno alla procura cambiò. Fu a questo punto che, come scrisse il capo del nucleo operativo provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, Antonino Greco, “forze occulte di non facile identificazione” si misero in moto per “controllare gli investigatori nel corso della loro attività”.

Il capitano De Grazia cominciò a sospettare della presenza a Reggio di elementi dei servizi segreti deviati e l’entusiasmo con cui aveva iniziato a dedicarsi al caso navi dei veleni lasciò il passo all’inquietudine. Nel dicembre del 1995, proprio mentre era vicino a chiudere le sue indagini, l'investigatore morì improvvisamente. Un malore inspiegabile lo sorprese sul sedile anteriore di una Fiat Tipo, mentre da Reggio Calabria stava recandosi con due colleghi a La Spezia, per verificare al registro navale i dati di circa 180 imbarcazioni affondate.

Tutto avvenne dopo aver tranquillamente cenato in un ristorante di Nocera Inferiore. Una circostanza difficile da accettare per i parenti di un trentanovenne in ottima salute, e che diventò fonte di notevoli sospetti visto che quello stesso uomo era anche un onesto servitore dello Stato che «nonostante pressioni ed atteggiamenti ostili» svolgeva «delle complesse investigazioni che, nel tempo, hanno avuto rilevanza e dimensione nazionale nel settore dei traffici clandestini ed illeciti operati da navi mercantili» (stralcio della motivazione con la quale il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ha voluto conferire il 24 maggio 2001 la medaglia d’oro alla memoria di Natale De Grazia n.d.a). Nemmeno la conferma della morte naturale data da due autopsie riuscì mai a convincere fino in fondo i familiari di De Grazia di quanto accaduto quella sera di dicembre. Tanto più che articoli di giornale e libri rilanciarono insistentemente l'ipotesi di un omicidio mascherato. Di certo, la morte del Capitano si rivelò un colpo durissimo per il pool di Reggio Calabria, che infatti si sciolse poco tempo dopo. Da allora le navi dei veleni e traffici di rifiuti nel Mediterraneo sono diventati uno dei tanti misteri della storia italiana


Massimiliano Ferraro - Torino

 
Link: Rigel, venticinque anni di veleni in fondo la mare
 
 
 
 
 

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