Data: 14/09/2012
 

La débâcle del Titanic, la versione di Hautreux

State per leggere una memoria "ignorata" sul naufragio del grande transatlantico, l'abbiamo trovata fra gli Atti della Académie Nationale des Sciences, Belles-Lettres et Arts di Bordeaux e per voi tradotta

La débâcle del Titanic, la versione di Hautreux

Nel 1912, dopo il naufragio del Titanic, transatlantico della White Star Line, compagnia navale britannica fondata nel 1845 a Liverpool da John Pilkington e Henry Wilson, Joseph-Alfred Hautreux, classe 1826, ufficiale in pensione della Marina francese, tenente di vascello durante la Guerra di Crimea, direttore del porto di Tolone, quindi, della movimentazione, del porto di Bordeaux, studioso di astronomia e geografia, idrografia e oceanografia, musicista e cultore di antichità, scrisse per la Académie Nationale des Sciences, Belles-Lettres et Arts di Bordeaux una memoria sulla sciagura navale, illustrando quelle che, secondo lui, erano state le cause alla base del naufragio.
Sin da quando era arrivato a Bordeaux, nel 1864, Hautreux s’era dedicato, accanto al suo lavoro di routine, allo studio dei passi della Gironda e a quello di maree e correnti. E non era raro che incaricasse piloti e capitani di redigergli rapporti o che attingesse, egli stesso, ai giornali di bordo. Fu quindi la volta dello Hydrographic Office di Washington, del quale diventerà corrispondente, nonché della Commission Météorologique de la Gironde, del Comité des Travaux Historiques et Scientifiques, dello Institut Océanographique di Monaco e della Académie Nationale des Sciences, Belles-Lettres et Arts di Bordeaux. E degli studi sui ghiacci dell’Oceano Atlantico, osservando, già in quell’occasione, come le grandi compagnie transatlantiche di navigazione spesso ignorassero volutamente la discesa dei ghiacci dal Banco di Terranova, facendo, anzi, risalire di parecchie miglia più a nord le rotte delle navi.
Quando il Titanic naufragò, Hautreux, che ben conosceva lo stato dei ghiacci dell’Oceano Atlantico e le pilot chart dello Hydrographic Office di Washington, ricostruì la dinamica del naufragio giungendo a conclusioni particolarmente originali. L’incontro con l’iceberg poteva essere previsto o, piuttosto, evitato? si chiederà Hautreux. E ancora, il cammino di queste enormi montagne di ghiaccio poteva essere conosciuto in anticipo? Hautreux morì nel 1914, due anni dopo la tragedia del Titanic, lasciando in eredità, accanto ai suoi scritti storici e alle sue memorie scientifiche, una tra le più originali chiavi di lettura del naufragio del grande transatlantico. La memoria di Hautreux, dimenticata per un secolo, nonostante la sua importanza per la storia della navigazione, è stata da noi scoperta fra gli Atti della Académie Nationale des Sciences, Belles-Lettres et Arts di Bordeaux e da noi tradotta dall’originale francese.
Ve la diamo in lettura in quattro puntate a partire da oggi. Seguiteci. 

Stefania Elena Carnemolla - Milano 

 

Il naufragio del Titanic da una memoria del 1912 del comandante Hautreux
della Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Bordeaux

Parte Prima
Le débâcle dei ghiacci del Bacino Artico e il Titanic

Un documento assai prezioso ci è dato dalle pilot chart che l’Ufficio Idrografico di Washington pubblica ogni mese; queste carte riportano in disegno la posizione dei ghiacci di qualsivoglia natura sin dal 1887. E' da venticinque anni che si hanno pertanto disegni comparativi illustranti, per ciascun mese, lo stato di tali débâcle, tanto da poterle comparare, stimandone estensione e mutamenti. 
Tali superfici e variazioni differiscono molto da un mese all’altro, da un anno all’altro, sia come durata che come estensione. Generalmente la débâcle artica giunge sul Grande Banco verso la fine di febbraio, terminando alla fine di luglio. In questa fase i ghiacci procedono solitamente da nord verso sud provenienti dal Mar di Baffin, fra il Labrador e la Groenlandia, giungendo a fiotti sul Grande Banco, senza mai uscire dai suoi limiti, con una velocità di discesa pari a circa 10, 12 miglia giornaliere fino a Capo Race; quelli non disciolti proseguono invece il loro cammino a una velocità ben inferiore, toccando talvolta, nel periodo del loro maximum, che è intorno maggio, giugno, i 40° di latitudine.
In questo punto gli iceberg incontrano la Corrente del Golfo alla temperatura di 24° e al massimo della sua velocità. La lotta fra il ghiaccio e queste acque calde, che si rinnovano di continuo, non dura a lungo: l’iceberg viene distrutto alla base, si dissolve e scompare.
Tale è il cammino ordinario; ma vi sono degli anni in cui la débâcle dura dieci, undici mesi, altri in cui ne dura solo due o tre. Diventa pertanto prudente per il capitano di una nave che segua questa rotta dall’Europa agli Stati Uniti informarsi, finché gli è possibile, circa lo stato dei ghiacci. Attualmente il telegrafo, la telegrafia senza fili, le comunicazioni con le numerose navi che s’incontrano lungo questa rotta possono fornire informazioni assai utili.
Di più, le pilot chart americane indicano su carta il percorso dei transatlantici tanto all’andata quanto al ritorno. Né va trascurata una precauzione assai importante: si tratta della registrazione costante della temperatura del mare; la superficie circondante i ghiacci ne assorbe la temperatura, e l’acqua di fusione scorre lontano sino a toccare quelle calde della Corrente del Golfo; ma quando il termometro indicherà 7° C, sarà bene prestare maggiore attenzione e allontanarsi rapidamente verso sud.
Tale è la regola da seguire; ma vi sono sorprese funeste, cui seguono le sciagure. La spaventosa catastrofe del Titanic si deve all’incontro di questo paquebot con un immenso iceberg. I giornali hanno scosso i cuori di ognuno con il racconto di fatti terribili, di atti d’eroismo compiuti in quei tragici momenti. Noi ci limiteremo a dare qualche nozione, poco conosciuta ai più, sulle potenziali cause che possono condurre a simili, tragici avvenimenti.
Il Titanic era un piroscafo di dimensioni assai grandi, costruito in vista del trasporto di numerosi passeggeri, con tutte sistemazioni di lusso e la solidità di cui necessitano simili navi per la traversata dell’Oceano Atlantico. Una nave che venga costruita per lottare contro la furia del mare, nulla invece potrà contro gli imprevisti di un abbordaggio, un iceberg costiero o ancora contro gli scogli.
Gli iceberg sono delle enormi montagne di ghiaccio; quello che ha urtato il Titanic aveva un’altezza di più di 50 metri, più di 200 in immersione e dimensioni in larghezza, in superficie, ancora sconosciute; è stata una massa galleggiante di diverse migliaia di tonnellate quella contro cui ha urtato il Titanic, crepandone il fondo; la massa della nave, pari a 50.000 tonnellate, animata da una velocità di 10 metri al secondo, arrestata bruscamente, s’è aperta in profondità; le paratie stagne, sbatacchiate e smembrate, hanno lasciato penetrare l’acqua, e due ore dopo la nave è affondata con quelle persone che le lance di bordo non avevano potuto prendere con sé. 
Questo incontro con l’iceberg poteva essere previsto ed evitato? Il cammino di queste montagne di ghiaccio poteva essere conosciuto in anticipo? Ciò che vorremmo esporre in poche righe.
Da tempo si sa che il Banco di Terranova si ricopre di ghiacci galleggianti, di qualsivoglia dimensione, sia in primavera che in estate; che questi ghiacci hanno due origini diverse che conferiscono loro caratteristiche differenti quanto a dimensione e direzione. Quelli che si formano durante l’inverno lungo le coste della Nuova Scozia, di Terranova e del Labrador sono relativamente poco spessi: da 1 a 1½ m; essi si staccano da terra ai primi caldi, frazionandosi in frammenti di scarsa importanza poco pericolosi per le grandi navi ma in grado di distruggere le piccole imbarcazioni e danneggiare fortemente le carene delle navi di media robustezza intorno al galleggiamento. Gli iceberg causa di pericolo provengono invece dai fiordi, dai ghiacciai della costa occidentale della Groenlandia e dal Bacino Artico.
(- segue)

Traduzione dall’originale francese di Stefania Elena Carnemolla

 

 

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