Data: 17/08/2012
 

Invaders from the sea - BBC & IMO Production

I clandestini del mare viaggiano da una parte all’altra del mondo nelle casse-zavorra, mescolati ad acqua marina o d’estuario, attaccati alle ancore, tra i fanghi residui delle cisterne e le incrostazioni delle carene. Con la crescita e l’intensificarsi del traffico marittimo, il fenomeno ha assunto dimensioni globali, con ripercussioni su ecosistemi, salute di uomini e specie, qualità delle acque, economie locali. Sono virus e batteri, alghe, creature marine e piccoli organismi. «Invaders from the Sea» è, non a caso, il titolo scelto dall’Organizzazione Marittima Internazionale, l’agenzia Onu per la sicurezza della navigazione e la prevenzione dell’inquinamento marino con sede a Londra, per un documentario che illustra con interviste e immagini dalle zone maggiormente colpite tutta l’entità del problema. Il documentario, che nel 2007 ha ricevuto un alto riconoscimento nell’ambito della terza edizione del Documentary Film Festival della Nazioni Unite, ci porta ad esempio in Iran, dove c’è Hassan, un pescatore del Mar Caspio. Oggi, qui, non c’è più pesce. Colpa del Mnemiopsis leidyi, una creatura trasparente dal corpo pieno d’acqua originaria dell’Atlantico occidentale. È ovunque. E distrugge tutto. «Qui la pesca era ottima fino al 1999» racconta Hassan, proprietario, come tanti, di un piccolo peschereccio. «Su ogni barca c’era un equipaggio di dieci, dodici persone. Ognuna poteva tirare su dai 300 ai 400 chili di pesce». Nelle acque, già stressate da inquinamento e pesca intensiva, il ctenoforo, giunto negli anni Ottanta nel Mar Nero con la zavorra di una nave da grano, si è riprodotto a ritmi vertiginosi, sottraendo plancton alle specie locali e cibandosi delle loro uova. Porto Alegre, in Brasile, è invece infestato dal Limnoperna fortunei. Qui lo chiamano mexilhão dourado, cozza dorata. Il mitile, originario della Cina, vi è arrivato tempo fa dall’Argentina attraverso il Rio de la Plata, proliferando anche a Belém Novo, sulle sponde del lago Guaíba, dove un tempo esisteva una piccola comunità di pescatori. Ovunque sia penetrato, ha invaso i fondali, soffocato la vegetazione, danneggiato la fauna ittica. Nelle centrali elettriche ha invece ostruito i filtri dei sistemi di raffreddamento delle turbine, rischiando di provocare un black out energetico su vasta scala che costringerebbe al buio l’intero Brasile. E ancora Sud Africa, con la storia di un abitante di Città del Capo sopravvissuto a una caso di intossicazione da molluschi, che avevano filtrato acqua contaminata dalle tossine algali.  

Stefania Elena Carnemolla - Milano

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