Data: 31/05/2013
 

Jolly Nero, l'imperfezione nell'acqua di Genova

La nave dei Messina, che il 7 maggio ha urtato la Torre Piloti, era scortata da due rimorchiatori, ma abbiamo scoperto che non tutti gli armatori amano far rimorchiare le loro navi: testimonianze dei marittimi e foto esclusive

Jolly Nero, l'imperfezione nell'acqua di Genova

La Jolly Nero dell’armatore Messina, costruita negli anni Settanta e passata di armatore in armatore prima di arrivare sotto la Lanterna, non era la nave perfetta, tanto che quattro anni fa davanti a Molo Giano, nel porto di Genova, dove la notte del 7 maggio ha squassato con la sua imponente sovrastruttura poppiera la Torre Piloti e il prefabbricato con gli alloggi sotto il quale s’ormeggiavano le pilotine, aveva avuto problemi al motore, sordo alla marcia avanti. L’ha detto ai magistrati Antonio Anfossi, il pilota del porto di Genova che la notte del disastro era nell’aletta del ponte di comando della nave. Stesso motore Burmeister & Wain, stesso problema. C’è stata, dicono gli inquirenti, forse un’avaria alla valvola pneumatica di avviamento, quella che avrebbe dovuto far passare la nave da marcia indietro a marcia avanti.

Anche il telegrafo di macchina, quello che dal ponte di comando dà ordini alla sala macchine, non funzionava, tanto che le comunicazioni con i marittimi, in gran parte russi, erano affidate a cellulari e walkie talkie. A Genova la spiegano così: “Sin dalla partenza non funzionava una leva dei comandi di plancia che manda impulsi alla sala macchine e a cui è collegato anche l’impianto che immette aria nei motori”. Un’anomalia ammessa anche dai difensori dell’armatore, che hanno tuttavia bollato la cosa come “ininfluente” perché tanto c’era il walkie talkie. Da quanto tempo sulla Jolly Nero si comunicava così? E cosa avranno capito quella notte i marittimi russi?

Un marittimo, che tempo fa lavorava sulle navi dell’armatore Messina, racconta che fino al 2002 c’erano solo italiani, ma che dopo “sono arrivati molti stranieri, soprattutto russi, e in macchina”. Mentre un altro marittimo accusa: “La Confitarma afferma che gli armatori sentono il dovere di trovare personale internazionale perché non riescono a trovare marittimi italiani. Perché non dicono ch’è perché si vuole risparmiare sui costi del personale?”. 

Sulla Jolly Nero anche il contagiri del motore era in avaria, già con la nave nel canale di calma lungo la Diga Foranea, percorso di poppa dopo aver lasciato il terminal al Molo Nino Ronco vicino a Bocca di Ponente. Anche la velocità con cui la Jolly Nero ha navigato dal terminal all’imboccatura del canale è sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti, così come i manometri e i livelli delle bombole d’aria compressa.

La Jolly Nero non era la nave perfetta, aveva difetti agli apparati di propulsione e di governo, ciò che contrasta con le rassicurazioni a caldo del difensore di Roberto Paoloni, comandante della nave: “Tutto regolare, una settimana fa ha superato un controllo accurato in Spagna, a Castellón”. Intanto per poter far luce sulla sua manutenzione, all’armatore è stata sequestrata documentazione della nave. Cade, così, ora dopo ora l’ipotesi dell’avaria improvvisa e traditrice, visto che di difetti sulla Jolly Nero ce n’era più di uno, nonostante poco prima della partenza il comandante avesse assicurato al pilota che era tutto “perfetto”.

Una nave così non sarebbe mai dovuta partire, ma c’era un carico ed è partita, anche se con ore di ritardo sulla tabella di marcia. Perché? “Questioni di manutenzione ordinaria”, così l’armatore. Una spiegazione che non ha convinto gli inquirenti, i quali sospettano che dietro ci sia dell’altro, qualcosa che non andava e che non è stata risolta, probabilmente per la fretta. Dal giorno prima c’era infatti in rada la Vecht Trader, una nave da carico olandese pronta ad attraccare nello stesso molo della Jolly Nero una volta che questa fosse partita. Nei porti è così, carico e scarico merci non possono aspettare. È la dura legge del porto.

La notte del 7 maggio la Jolly Nero era scortata da due rimorchiatori, ma parlando con alcuni marittimi abbiamo scoperto che non tutti gli armatori sono disposti, per non incidere sui costi, a far rimorchiare le loro navi, tanto da passare, sottobanco, come premio ai loro marittimi somme di danaro, ciò che nell’ambiente chiamano buste. Ce l’ha confermato Mauro Marino, presidente del Sindacato dei Marittimi: “Per il bonus a chi non usa rimorchiatori possiamo dirle che è cosa che avviene, e come marittimi sono cose che abbiamo visto e vissuto. Bisogna precisare che tale pratica non è illegale, però, capirà che alcuni potrebbero prendersi dei rischi per ricevere tali bonus, e solo sotto questo punto di vista noi ne siamo contrari”.

Se la Jolly Nero fosse uscita da ponente, da dove non è uscita perché il porto era insabbiato” così il tam tam dopo la tragedia “la Torre non sarebbe crollata”. Niente di più falso. Da anni a Genova sono in corso dragaggi in vista anche delle esigenze future del porto, si aumentano i pescaggi, mentre si draga anche per recuperare materiale destinato a lavori di riempimento. Ci sono stati lavori di dragaggio anche alla Bocca di Ponente, dove fino a oggi era ammesso il passaggio di unità di poco ingombro aereo e con pescaggio massimo di 10 metri, e nella vicina foce del torrente Polcevera. “I lavori di dragaggio alla Bocca di Ponente” così l’Autorità Portuale di Genova, da noi sentita “si sono conclusi il 13 maggio e oggi il pescaggio va dai 13,5 ai 14 metri, e poi una nave come la Jolly Nero non poteva uscire da ponente, non per il pescaggio, ma perché là vicino c’è l’aeroporto”. Il pescaggio della Jolly Nero è di 11,5 metri e ancora oggi una nave con un pescaggio come il suo, nonostante quello alla Bocca di Ponente sia stato aumentato, non potrebbe comunque passare da lì per non interferire con il traffico aereo, visto che la Jolly Nero è alta 12 metri. “Non abbiamo mai accompagnato navi grandi alla Bocca di Ponente, perché là c’è l’aeroporto”, ci hanno detto i rimorchisti genovesi. E ancora, la Capitaneria di Porto: “Il pescaggio non c’entra, l’altezza della nave non le avrebbe consentito di andare più in là, cioè, più a ponente del punto in cui era ormeggiata perché avrebbe urtato il limite di altezza imposto dal cono aereo”.

Da tempo l’Autorità Portuale propone di allargare di cinquecento metri a mare la Diga Foranea, ciò che sottrarrebbe il porto al cono aereo, consentendo, grazie ai dragaggi, di far transitare, ad esempio, dalla Bocca di Ponente navi come la Jolly Nero, nonché, grazie anche all’allargamento, le navi di nuova generazione. “Il progetto di spostare a mare la Diga Foranea di 500 metri” ci ha spiegato l’Autorità Portuale “è contenuto nel nostro piano regolatore portuale per adeguare il porto alle esigenze delle navi che entreranno in servizio nei prossimi anni, ovvero le 18000 e le 22000 teu”.

Arriva pertanto in ritardo il richiamo di Assologistica, tre giorni dopo la tragedia, sull’adeguamento infrastrutturale dei porti italiani, tanto da farlo sembrare a molti, oltre che cosa “sciacalla”, fuori luogo, considerato che a Genova di nuovo piano regolatore portuale si parla da tempo, in particolare dal luglio 2012, quando fu illustrato da Luigi Merlo, presidente dell’Autorità Portuale. “Se in Europa” così Assologistica “le infrastrutture portuali crescono al crescere delle dimensioni delle navi che vi transitano, in Italia si resta statici ed i nostri porti rischiano di diventare sempre più piccoli, e quindi pericolosi, al crescere delle stazze che li scalano”. Intanto, il 23 maggio, la Commissione Europea ha proposto, accanto a una normativa specifica dedicata al settore portuale, il potenziamento di trecentodiciannove porti marittimi dell’Unione Europea, fra cui quarantuno italiani, attraverso strumenti tali da garantire alle autorità portuali una maggiore autonomia finanziaria necessaria allo sviluppo di servizi e infrastrutture. Sempre il 10 maggio, Assologistica, che in tutto questo tempo non aveva mai avanzato critiche sul posizionamento della Torre e sulla sua sicurezza, come un po’ tutti, del resto, è stata improvvisamente assalita da dubbi: “Questa tragedia dimostra anche che, sebbene le manovre in entrata e in uscita delle navi dalle nostre banchine possano essere assistite correttamente dai servizi dedicati a questo, l’imprevisto che può tramutarsi in dramma è sempre dietro l’angolo. Diventa, quindi, doveroso interrogarsi sul perché sia stata eretta sul mare, a breve distanza dalla poppa delle navi in manovra, la costruzione che ospitava piloti e Capitaneria, in totale assenza di sicurezza”. Nessuno sa se con adeguate protezioni la Torre e la palazzina sarebbero rimaste in piedi, così come sono venute giù non appena sfiorate, perché, come amava ricordare Joseph Conrad, scrittore e uomo di mare, una “massa enorme” è “difficile da controllare” tanto che il suo “peso terribile” è “destinato, per forza di cose, a danneggiare se stessa e gli altri al più lieve contatto”.

Né si deve pensare che non esistano studi sul comportamento manovriero delle navi nei porti. Il Cetena, il centro per gli studi di tecnica navale e società Fincantieri con sede a Genova, ha ad esempio condotto alcune ricerche sulla navigabilità di una quarantina di porti, fra cui quello di Genova con il suo porto turistico, il porto petroli, i nuovi bacini di carenaggio, la nuova darsena di bunkeraggio e la nuova darsena Ro-Ro. Così il Cetena, da noi sentito: “Il Cetena svolge attività nel campo della simulazione in tempo reale del comportamento manovriero delle navi finalizzata alla verifica dell’agibilità nautica delle configurazioni portuali. A livello nazionale il Cetena è l’unico ente a disporre di un modello matematico avanzato per le simulazioni di manovra che di un’estesa Banca Dati contenente i risultati delle prove al vero di manovrabilità. È tale Banca Dati, continuamente aggiornata con le prove delle nuove navi, che consente al Cetena di poter sistematicamente calibrare e validare il proprio modello matematico assicurando così la migliore aderenza delle simulazioni ai risultati del vero. Il Cetena ha un simulatore di manovra che viene impiegato regolarmente per la valutazione delle prestazioni manovriere di navi esistenti e in fase di progetto. Ha una plancia e uno schermo per la visualizzazione della manovra in corso di esecuzione e viene usato sia dal personale Cetena che dai comandanti e dai piloti inviati da cantieri, armatori o autorità portuali per eseguire simulazioni di loro interesse”.

Perché la Torre Piloti, inaugurata nel 1996, è sorta a Molo Giano e a filo banchina? Lì già esisteva, poco indietro, la vecchia Torre Piloti, che in attesa di quella nuova farà ora da torre del porto. Scriveva nel 1993 su Kineo l’architetto Edoardo Praino: “Nell’ambito del porto di Genova il servizio di guida all’ormeggio delle navi, e il successivo abbandono del porto a operazioni commerciali ultimate, è svolto dal Corpo dei Piloti. La loro sede è storicamente ubicata in testata del molo Giano fino dagli anni precedenti l’inizio dei lavori di costruzione del bacino galleggiante di carenaggio (1973), perché disposta immediatamente all’ingresso del porto e in posizione ideale rispetto all’intero bacino. Con la creazione dell’area industriale (1987), a levante di questo molo, è stata però notevolmente ridotta la visuale dell’imboccatura del porto di cui si poteva precedentemente disporre. Per rispondere alle mutate condizioni il Corpo Piloti ha svolto il proprio compito attrezzandosi con radar idonei a segnalare l’approssimarsi delle navi all’imboccatura e dirigendo le operazioni di ingresso limitatamente a quel tratto di mare oscurato alla visuale per la presenza del bacino e delle navi ormeggiate al pontile adiacente allo stesso, e nell’attesa che il pilota del porto salisse a bordo, via radio, senza il conforto quindi del cosiddetto ‘controllo ingresso navi a vista’. In un simile contesto, se da una parte si rende indispensabile ripristinare le condizioni di completa visibilità, giudicate oramai irrinunziabili viste le dimensioni sempre più grandi delle navi, specie quelle portacontenitori, dall’altra si è ritenuto opportuno disporre di un punto di osservazione tale da poter controllare anche la confluenza tra il porto antico e il bacino di Sampierdarena. Da qui la necessità di disporre di una sede adeguata, più consona per quanto riguarda l’ubicazione del personale di servizio nonché sotto l’aspetto operativo”.

Ora, perché la notte del 7 maggio la Jolly Nero è invece andata di poppa contro la Torre Piloti? Quella curva inusuale è stato un errore di manovra aggravato da una velocità non adeguata? Anche se a Genova, dove le parole ancora oggi sono dette con fatica, non vogliono sentir parlare di errore umano. Hanno paura. “Non possiamo parlare, meglio di no, però s’è visto la curva che ha fatto la nave”. A meno che la Jolly Nero non volesse portarsi di poppa, con buona pace del pescaggio – si ricordi quel grido, quella notte, da uno dei rimorchiatori, ma che fate? non c’è acqua – lungo la direttrice della Torre Piloti e da lì inserire la marcia avanti per uscire di prua dalla Bocca di Levante. L’inchiesta dirà.

A Genova, davanti a Molo Giano, c’è uno specchio d’acqua dove le navi fanno evoluzione, invertono, cioè, la rotta, compiendo una curva. Come una nave come la Jolly Nero, che esca di poppa dal canale lungo la Diga Foranea, portando la poppa in alto curvando di 180° per poi uscire, dopo aver messo il timone a sinistra, a marcia avanti e di prua dalla Bocca di Levante. Le curve d’evoluzione sono arte e maestria, guai a sbagliare velocità e angolazione. A Genova, a seconda della nave, sono i rimorchiatori che aiutano a “girare”, come si dice in gergo portuale. “Quella notte eravamo là per quello”, così la Rimorchiatori Riuniti Porto di Genova, la società dello Spagna e del Genua, i due rimorchiatori che quella notte scortavano, l’uno a poppa, l’altro a prua, la Jolly Nero. Qualcosa sulla nave però dev’essere andato storto: sbagliare una curva di evoluzione può infatti far sgusciare via una nave, portandola altrove. Prima ipotesi, la Jolly Nero ha iniziato troppo tardi la procedura d’evoluzione, sbagliando la curva. E allora perché non lanciare subito l’allarme? Seconda ipotesi, la Jolly Nero voleva fare evoluzione più a levante che a ponente, più vicino, cioè, alla Torre Piloti che alla Diga Foranea. Di certo c’è che la notte del 7 maggio un gioco errato o, peggio ancora, spavaldo, degli strumenti di governo della nave ha portato la prua della Jolly Nero a sinistra e la sua poppa, come risultato di quella curva troppo larga, dritta contro la Torre Piloti.

Ora, poiché una regola non scritta vuole che la curva d’evoluzione inizi ad almeno trecento, quattrocento metri dalla Torre Piloti, perché l’allarme è stato lanciato quando la Jolly Nero era ormai a settanta metri dalla banchina? Di certo quella manovra non doveva essere lo standard se quella notte dagli altri moli hanno gridato, troppo, troppo. Per le manovre di evoluzione a Molo Giano non c’è un’ordinanza, c’è solo la legge del mare, quella della buona condotta marinaresca, così la Capitaneria di Porto di Genova, da noi sentita, che è poi quanto ci si aspetta da chi conosce il Regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare o Convenzione di Londra del 1972, poi emendata dall’Organizzazione Marittima Internazionale. Il fatto colposo non sempre s’identifica con la violazione di leggi, ordini, regolamenti, si è colpevoli anche quando ci si macchia di negligenza attiva e omissiva contraria alle prescrizioni, anche non scritte, di buona condotta marinaresca, ed è in particolare su questo che a Genova ora s’indaga.

I piloti sono i Caronte del porto che traghettano le grandi anime di bulloni e acciaio da una parte all’altra. Salgono veloci su scalette lungo le murate delle navi, sbarcando dalle pilotine. E ogni volta chiedono, la nave va? Sì, va. Anche la notte del 7 maggio è andata a così. Ma quei nove finiti in acqua, fossero qui, direbbero, no, la Jolly Nero non era la nave perfetta.

Stefania Elena Carnemolla - Milano

Inchiesta in tre parti, link: 
A pochi passi dalla Jolly Nero
In viaggio sulla rotta della Jolly Nero

 

Porto di Genova, sullo sfondo, ripresa dalla zona delle Riparazioni Navali, la vecchia Torre Piloti ingabbiata, davanti quel che resta dell'edificio urtato la notte del 7 maggio dalla Jolly Nero. Foto Stefania Elena Carnemolla

Navigando al largo di Molo Giano nel Porto di Genova. Sullo sfondo la vecchia Torre Piloti ingabbiata, davanti quel che rimane del luogo dove s’ergeva la Torre urtata la notte del 7 maggio dalla Jolly Nero. Foto Stefania Elena Carnemolla

Navigando al largo di Molo Giano nel Porto di Genova. Sullo sfondo la vecchia Torre Piloti ingabbiata, davanti quel che rimane del luogo dove s’ergeva la Torre urtata la notte del 7 maggio dalla Jolly Nero. Foto Stefania Elena Carnemolla
Al largo di Molo Giano nel Porto di Genova. Sullo sfondo, di prua, la Jolly Nero sotto sequestro nella zona delle Riparazioni Navali. Foto Stefania Elena Carnemolla
Al largo di Molo Giano nel Porto di Genova. Sullo sfondo, a sinistra, la vecchia Torre Piloti ingabbiata, davanti quel che resta della Torre urtata la notte del 7 maggio dalla Jolly Nero. A destra, di prua, la Jolly Nero, sotto sequestro nella zona delle Riparazioni Navali. Foto Stefania Elena Carnemolla

Al largo di Molo Giano nel Porto di Genova. Sullo sfondo, a sinistra, la vecchia Torre Piloti ingabbiata, davanti quel che resta della Torre urtata la notte del 7 maggio dalla Jolly Nero. A destra, di profilo, la Jolly Nero, sotto sequestro nella zona delle Riparazioni Navali. Foto Stefania Elena Carnemolla

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